Figli della luna


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Trombe mariachi annunciavano il suo passo.

Orchidea, come risvegliato dal sonno dell’infanzia, se ne stava seduto sul gradino di un portone, cercando chissacosa tra le rughe del marciapiede nella città di quel mezzogiorno rossastro
del Mille
Novecento
Sessantasette.

Ripugnante e impresentabile,
come il sudiciume che un dio si toglie dalle unghie dei piedi,
sfrigolava carnose labbra leporine
che un Angelo Sterminatore gli rubò.
Pep Maharajah Rutto Facile, il lungo pisellaro di San Tropè,
mise la mano sul suo ginocchio e pagò il suo prezzo.

[Cagliari, via Bosco Cappuccio, 1973]

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